Hanno meno di 10 dipendenti, rappresentano il 95% delle aziende italiane: sono le micro imprese. L’indagine “Digitale e web nelle micro imprese italiane”, condotta da Pragma per conto di “Registro .it”, racconta il loro rapporto con il web: ancora tutto da costruire.
Il 91% delle imprese considera importante o addirittura importantissima la presenza sul web e in particolare la messa in campo di un dominio, primo livello di accesso all’universo internettiano, ma è altrettanto vero che un terzo delle nostre aziende quel dominio nemmeno lo possiede.
Risultato: le famose, decantate e persino note opportunità offerte dalla “Grande Rete”, rimangono sulla carta. Un miraggio, o quanto meno una meta difficilissima da raggiungere, in assenza di una corretta e coerente strategia digitale.
«Il digitale» spiega Giuliano Noci, professore di marketing al Politecnico di Milano, «è una componente essenziale e imprescindibile dei rapporti dell’impresa con tutti i suoi stakeholder: fornitori, dipendenti, pubblica amministrazione e, naturalmente, clienti. Questo vale anche per le micro imprese. E senza distinzione fra chi opera btb o btc. Oggi, il piccolo commerciante ha necessità di una narrazione online per ingaggiare e fidelizzare i clienti, così come l’artigiano meccanico che lavora esclusivamente conto terzi deve avere un sito, accattivante e puntualmente aggiornato, per presentarsi ai committenti, vecchi e nuovi, a maggior ragione se si tratta di grossi gruppi». Conclusione: bisogna correre. «Certo» allarga le braccia Noci, noi scontiamo una scarsa cultura tecnologica. Ma un fatto deve essere chiaro: il digitale non è più una scelta, è un obbligo».
Gli esiti della ricerca, per certi versi, non sono molto confortanti dal punto di vista dello “stato dell’arte”. Specie se si fa riferimento all’utilizzo del web quale strumento di sviluppo del business attraverso la pubblicazione di un proprio sito internet, per esempio, o l’utilizzo di un profilo social a fini di diffusione del brand e fidelizzazione. L’utilizzo più comune risulterebbe legato alla necessità di gestione della posta elettronica con il ricorso ad un dominio personalizzato.
Insomma, in un Paese dove 38 milioni di persone (il 63% della popolazione) sono attive su internet e dove 19 milioni sono i web shopper (12,9 milioni persino abituali), a segnare il passo sono proprio le imprese.
Il campione è stato costruito con 1.200 aziende tra quelle che rappresentano circa il 95% del tessuto produttivo italiano: aziende piccole, con un numero di dipendenti inferiore alle 10 unità.
L’indagine, nel considerare il rapporto tra le nostre micro-imprese e la digitalizzazione, ha focalizzato l’attenzione su alcuni elementi che hanno rappresentato i parametri attorno ai quali definire un benchmark per l’analisi:
- connessione internet e possesso di un dominio registrato;
- profilo social;
- attività di marketing e comunicazione;
- previsioni di investire in attività sul web e digitali nel corso del 2017;
- cultura digitale (conoscenza di concetti quali IoT ed Industria 4.0).
Tutte le aziende intervistate hanno rivelato di essere connesse ad internet, infatti il 95% ha una connessione mentre il restante 5% ha più di una connessione. Di queste, però, non tutte hanno registrato un proprio dominio web: questa percentuale corrisponde ancora ad 1/3 delle aziende intervistate. Circa il 20% del campione ha rivelato come anche in futuro potrebbe difficilmente ricorrere all’utilizzo di un dominio internet personale.
Poco meno del 27% delle aziende intervistate ricorre allo strumento del social, tra queste, il social che va per la maggiore è senza dubbio Facebook che stacca nettamente i competitors più noti quali Pinterest, Twitter, Linkedin, Instagram.
Pochissime le micro-imprese che si adoperano in attività di marketing on line ed ancora meno quelle che utilizzano internet per sviluppare un canale distributivo digitale (e-commerce).
Tutto da sviluppare, invece, il tema relativo agli investimenti destinati all’innovazione, se si pensa che il 69% delle micro-imprese intervistate ha dichiarato di destinare una quota dei propri investimenti complessivi inferiore al 5%.
Preoccupante è rilevare come alcuni concetti, legati a questo momento di diffusione crescente della tecnologia digitale, risultino essere sconosciuti. Ci riferiamo al concetto di Industria 4.0 e di IoT (Internet of Things).
Il quadro, nel complesso, suggerisce di intervenire in maniera decisa e concreta per creare una maggiore “cultura digitale” favorendone poi la diffusione.
Il tema, infatti, non è da ridurre solo al tentativo di sottrarre molte realtà aziendali al completo oblio che vivono in termini di diffusione on line del proprio brand quanto piuttosto a quello di fornire a chi on line c’è già o ci sta arrivando, gli strumenti conoscitivi adatti a padroneggiare la tecnologia digitale ed il web a fini di business.