Alcuni giorni dopo il Natale 2019, incontro al bar un ragazzo da poco laureato. Io: “e cosa fai adesso?” Lui: “Lavoro in Lussemburgo, ma è un posto così piccolo da essere noioso.” Io: “La Sicilia ricerca sempre più controller, se vuoi rientrare fammi sapere”. Lui: “ah ah ah”. Io: “perchè ridi?”. Lui: “Non era una battuta?”. No, non è una battuta, ma è drammatico che i ragazzi pensino che lo sia.
Decido di pubblicare questo testo su Linkedin, una piattaforma di social network professionale. Il post acquisisce immediata popolarità e a distanza di 3 giorni è visto da quasi 40 mila utenti. Si scatena un dibattito, il tipico, che possiamo suddividere in quattro grandi categorie, i curiosi, che vogliono acquisire qualche idea in più su quali settori si stiano risvegliando in Sicilia, i sostenitori spontanei, che si riconoscono nei contenuti, gli scettici e i profittatori seriali; individui che approfittano della popolarità di un post per inserire commenti sgradevoli allo scopo di deviare il dibattito su sé stessi. Il dibattito si alimenta e cresce ma i limiti dei social network impediscono articoli lunghi, facciamo quindi ordine qui, che ho più spazio per scrivere.
“Ogni iniziativa non incoraggiante è sbagliata”. Con questa frase Albert Hirshman tagliava corto sulle inevitabili polemiche che scaturiscono quando si parla di strategie di sviluppo. Mi pare una frase quanto mai utile a spiegare la prospettiva degli interventi e anche cosa impedisca di capirsi fino in fondo. A me interessa porre l’accento sulle energie che possiamo attivare per migliorare ciò che a prima vista pare poco probabile che si modifichi. In altri termini, mobilitare l’universo di condizioni favorevoli affinché situazioni bloccate possano sbloccarsi. Questo è un esercizio, non vuol dire che i problemi non ci siano, né che sia facile sormontarli, e soprattutto non vuol dire essere ottimisti; implica un approccio ragionevole che possiamo così sintetizzare: visto che l’analisi del problema ha senso solo se posso trovare delle soluzioni, l’analisi del problema deve condurre alla scoperta delle condizioni che consentirebbero un miglioramento e per non provare frustrazione voglio intervenire su ciò per il quale sono in grado di dare un contributo diretto.
Le imprese ricercano nuove competenze perché consapevoli che la crescita di produttività e di clientela dipende da esse e cominciano a riconoscerne il valore, ma, soffrono un effetto Dunning-Kruger e, visto che il management che ricerca queste competenze non ha completa coscienza del lavoro da fare, ne sottostima tempi e sforzi e sottopaga i dipendenti che pur ricerca per occuparsene. I neo laureati – scoraggiati della situazione economica che è stata per decenni oggettivamente tremenda – non presentano neanche un curriculum e vanno a rimpolpare le fila di mercati più ricchi, mercati che hanno già metabolizzato le competenze in questione e sono più ricettivi e capaci di fornire un percorso più lineare e coerente con la formazione. Evidentemente questa dinamica produce un beneficio di breve periodo: il mercato più ricco paga salari più alti e offre competenze specialistiche che il neo assunto può subito assorbire e mettere a frutto, contrariamente, chi scegliesse di lavorare da subito in aziende impreparate, ma curiose di dotarsi di tali competenze, si troverebbe senza tutor, con stipendio basso e proiettato in un mondo lavorativo di confusione. Da qui la scelta di andare fuori, assolutamente razionale. Poi passa il tempo, la formazione iniziale crea un dipendente performante ma con una scala gerarchica sulla testa che gli impedisce di accedere a carriere superiori in tempi brevi, scoprono di essere stati formati su competenze poco spendibili al di fuori di quella specifica azienda, al contrario, in una azienda meno strutturata, avrebbero fatto una gavetta caotica, ma avrebbero partecipato alle scelte strategiche della proprietà e compreso dinamiche imprenditoriali altrimenti inarrivabili.
Lasciamo perdere il riflesso sul reddito reale, perché se è vero che nei primi anni un dipendente neo assunto percepisce di più al nord, il costo della vita molto più alto produce di riflesso una ricchezza reale decisamente limitata e tendenzialmente simile al sud.
E fin qui credo che gli aspetti razionali funzionino, e – ribadisco – qualora la scelta fosse cosciente la sposerei appieno. Ciò che mi spiace è di scoprire che la scelta non è razionale, ma è basata sull’assioma, errato, che al sud non ci sia nulla, il che è semplicemente falso. Rimaniamo sulla dinamica, una volta strutturata la posizione, l’idea di abbandonare il certo per l’incerto e ritornare “a casa” diventa troppo costoso (oltre al lavoro si iniziano ad intessere amicizie, relazioni sentimentali, reti lavorative) e quindi chi trova un posto tende a non abbandonare il luogo in cui lo trova, magari cambia azienda, ma non geografia.
Il problema di mercato diventa un problema sociale, perché per giustificare le scelte già fatte si comincia a odiare i luoghi della propria infanzia, se ne deve parlar male, per mantenere coerenza, così facendo l’impoverimento passa dal piano economico al piano culturale e politico e lo sfacelo tenderà a divenire ineluttabile.
A questo punto, il lettore incredibilmente paziente che sia arrivato fin qui, vorrà sapere: ma tu cosa puoi fare? Cosa hai fatto?
CentoCinquanta quotidianamente verifica come accrescere la produttività delle aziende clienti, spesso scopre gap di competenza che possono essere colmati solo dalla presenza di nuovi dipendenti, ma l’azienda che pure vorrebbe assumerli, non li trova sul territorio e riscontra enormi difficoltà ad assumerli. Vi è uno scetticismo nei confronti delle agenzie di recruitment e non sempre il matching riesce. CentoCinquanta, conseguentemente, – trovandosi nel mezzo tra questi mondi – si prodiga ad ogni piè sospinto a suggerire gratuitamente a chi lo voglia un modo per rientrare mettendolo in contatto con le aziende clienti.
Vista la sete e l’esigenza di leadership, di concerto con altri manager, organizzeremo una Summer school sulla leadership in chiave hirshmaniana che ha proprio la sua ragion d’essere nel favorire la trasformazione di un vecchio modo di pensare verso uno stile proattivo e consapevole.
Come terzo strumento, abbiamo da poco sviluppato una convenzione con l’università di Catania, dipartimento di Economia che porterà alla nascita di due corsi di specializzazione, in CFO e in Export Management al puro scopo di favorire l’interazione tra le imprese e i giovani.
Vorrei chiudere con una citazione: “la vittoria è sempre nel pugno di pochi, provare a preparare questa pattuglia di eroi è il segreto di ogni vittoria.” Questa frase, che sembra degna di un personaggio della galassia Marvel, era invece di Don Carlo Gnocchi e anche questa aiuta a capire il senso generale dei post e prova a trasmettere il messaggio: non ci sentirete lamentare di cosa non funziona e di cosa lo “Stato” dovrebbe fare, perché ci piace trattare gli aspetti dei quali abbiamo gli strumenti, il resto si tradurrebbe in lamentela e quello del lamentarsi è un gruppo talmente folto che non ha bisogno della nostra presenza e competenza.