La (difficile) parte destruens nel processo creativo

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In azienda esiste una costante pressione esercitata dai clienti, da fornitori o da concorrenti.
Questi agenti esterni spronano a produrre novità o personalizzazioni e conducono ad ampliare la gamma di prodotti o servizi offerti. Alcuni di questi prodotti possono essere estremamente redditizi, altri rivelarsi costosi buchi nell’acqua incapaci di produrre i risultati attesi.

I listini cominciano ad assumere quindi delle caratteristiche variopinte, i magazzini si affastellano di materiali non riutilizzabili per altri scopi, il tempo speso non viene recuperato.

Per converso, alcune soluzioni, magari immaginate per rispondere una specifica esigenza, si prestano a divenire delle vere e proprie Business Unit, con un lavoro maggiore sulla rete vendita e sull’identità del prodotto potrebbero produrre redditi elevati e garantire una crescita in una specifica nicchia di mercato.

Per lo scopo dell’argomento trattato, ipotizziamo che l’azienda sia dotata di ottimi strumenti di controllo e la sua amministrazione sia tempestiva, in altri termini l’imprenditore sia cosciente dei dati aziendali in tempo utile a prendere una decisione. Questa scelta razionale si scontra con i dubbi, le ansie e le preoccupazioni e le incertezze dell’imprenditore che, per affezione, oppure perché ritiene che quel prodotto, pur non generando margini sia in grado di attrarre clienti su altre linee, decide di tenere in piedi prodotti a margini bassi o negativi.

Ogni giorno assistiamo alla frustrazione dell’imprenditore che vorrebbe dedicarsi a ciascuno di questi filoni, ma poi consuma il suo tempo nella routine, incapace di spingere il proprio gruppo di lavoro fino a compiere uno sforzo efficace. Assistiamo anche ad un fenomeno di “Cherry Picking”: l’imprenditore lancia una nuova linea di lavoro, ma non la segue, confidando che qualcuno in azienda ne prenderà le redini e la farà crescere. Questo tipicamente non accade e ne discende frustrazione, demotivazione, malumori.

Proviamo ad esprimere con una parabola quanta frustrazione possa generare lavorare contemporaneamente a più opportunità in parallelo.

Abbiamo un bosco con 810 piante, ogni pianta cresce in 3 anni e diventa idonea al taglio, noi, abili taglialegna, dobbiamo abbattere 5 alberi a settimana e ripiantarne altrettanti semi.
Ipotizziamo che ogni giorno le nostre energie ci consentano di dare 10 colpi di accetta e che un albero cada con 10 colpi. Si stagliano davanti a noi due alternative: 1) puntare al primo albero, reciderlo e venderlo, il giorno successivo puntare sul secondo albero e così via fino all’ultimo; 2) colpire ogni giorno tutti e cinque gli alberi sapendo di poter dare a ciascuno due colpi di accetta. Alla fine del primo giorno non avremmo portato a casa legna, né il secondo, né il terzo, dovremo attendere il quinto giorno per veder cadere tutti gli alberi contemporaneamente.
Possiamo derivarne tre impatti: uno finanziario, dovrò gestire un flusso di cassa negativo per un periodo di tempo più lungo rispetto alla prima ipotesi, uno organizzativo: dovrò fare un viaggio con un mezzo più grande e il mezzo più grande rimarrà fermo 4 giorni su 5; l’altro motivazionale: saremo stanchi tanto quanto lo saremmo stati se avessimo tagliato solo un albero al giorno, ma non avremo portato a casa il risultato e ciò è fonte di frustrazione.
In un mercato sempre più complesso, ove la rapidità del processo decisionale impone cambi di rotta repentini, attendere che maturino 5 opportunità in parallelo è più rischioso che farle maturare in sequenza. Meglio quindi puntare su un business alla volta, comprenderne i meccanismi da vicino, analizzarne la maniera attraverso la quale costruire delle economie di scala e di scopo, fidelizzare i clienti e i fornitori, renderlo efficiente, mettere alla testa di tale business un responsabile o un partner e solo dopo che sarà in grado di produrre reddito aggredire il secondo business.

Bisogna quindi riflettere su una scientifica riduzione dei prodotti dalle linee meno interessanti; al fine di poter concentrare la propria forza sulle aree di business più profittevoli. L’analisi sarà possibile se e solo se tutti i dati sono correttamente inseriti in contabilità generale e in contabilità analitica, se le fasi lavorative sono state correttamente analizzate e quantificate…etc.
Dalle diverse esperienze aziendali maturiamo due osservazioni:
I Osservazione: in azienda, come nella vita, è molto più facile costruire che distruggere.
Si affastellano novità con maggiore entusiasmo se queste non costringono a ripensare alle prassi già consolidate. Aprire ad un nuovo mercato, creare un nuovo prodotto, incontrare un nuovo cliente, entusiasmano di più di rimetter mano al clienti già consolidati, ai file xls già costruiti, al miglioramento dei prodotti esistenti, etc. La nostra zona di comfort complotta contro di noi, rimaneggiare l’esistente è pericoloso perché magari non ricordiamo più come funziona, ma sta dando risultati. Perdere qualcosa che abbiamo già produce più sofferenza di scoprire che abbiamo un mancato guadagno di qualcosa che non abbiamo mai avuto.
La fase destruens è bloccata. Eppure non c’è vera innovazione senza un processo di distruzione; Smontando le attività che già conosciamo possiamo trovare un valore non ancora espresso appieno, magari i nostri clienti potenziali non hanno ancora acquistato il prodotto perché gli manca un requisito poco costoso, che può dare grande valore.
II Osservazione: la mancata eliminazione delle aree di business non funzionali provoca dispersione del Focus strategico. Tutto ciò che teniamo in piedi richiede concentrazione e delle attività che lo rendano ricco.
Tempo addietro, presso un cliente nato come grande rivendita per il giardinaggio, ci rendemmo conto che negli anni aveva ampliato così tanto il range di prodotti da annacquare la sua visione: allevava animali, produceva piantine, affittava giardinieri. Ciascuna di queste attività era al lumicino, nessuna produceva reddito perché ciascuna di esse andava alimentata con un marketing specifico e le risorse limitate non lo consentivano, si era perso il focus strategico sul business principale.

Non è strano innamorarsi di nuove idee, da lontano un business appare sempre semplice, ma sono i dettagli a farlo diventare redditizio e i dettagli costano tempo e dedizione.